venerdì 14 dicembre 2007

"Siamo suore, non colf" E il vescovo le licenzia

"Siamo suore, non colf" E il vescovo le licenzia

La Stampa del 14 novembre 2007, pag. 19

di Giacomo Galeazzi
Da spose di Cristo a serve del parroco: il vescovo di Albano «licenzia» le suore che non vogliono fare le colf. Tre suore missionarie di Santa Gemma, impegnate nei servizi della catechesi e della pastorale giovanile nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Aprilia, sono state cacciate per non aver accettato di fare da colf al parroco ed al viceparroco. La diocesi, nel cui territorio si trova il «Vaticano bis», la residenza pontificia di Castel Gandolfo, è retta dal vescovo Marcello Semeraro, 60 anni, presidente del cda di «Avvenire», originario della provincia di Lecce, sacerdote dal 1971. Ha insegnato teologia in diversi istituti e facoltà fino ad occupare la cattedra di ecclesiologia all’Università Lateranense. Dal 1998 al 2004 è stato vescovo di Oria (Brindisi) e nel 2001 Giovanni Paolo II lo ha nominato segretario speciale della decima Assemblea generale del Sinodo dei vescovi. Monsignor Semeraro aveva subordinato il rinnovo della convenzione di collaborazione (che prevedeva una retribuzione di 800 euro al mese da dividere in tre) ad una precisa condizione: le suore dovevano prestare servizio «materiale» ai due anziani sacerdoti presenti nella parrocchia. La richiesta è stata giudicata «inaccettabile» dalla superiora della casa generalizia di Lucca, e così il vescovo ha dato il benservito alle tre sorelle, nonostante i parrocchiani gli avessero chiesto, con una petizione che ha raccolto 1500 firme, di ritornare sui propri passi.

«Non le nascondiamo - avevano scritto i fedeli al vescovo - la nostra amarezza e incredulità, poiché siamo consapevoli che le suore costituiscono una presenza evangelizzatrice importante, di cui la nostra realtà ha potuto beneficiare largamente nel cammino di fede intrapreso negli ultimi anni». Una vera e propria mobilitazione, quindi, nella più popolosa delle diocesi suburbicarie. Una diocesi importante, che supera i 500 mila abitanti ed è anche molto vasta, con tre zone molto differenti tra loro. C’è la zona dei Castelli romani, con Albano, Marino, Ciampino, poi la zona mediana industriale con Pomezia e Aprilia e infine la zona costiera, da Tor Vajanica fino ad Anzio e Nettuno. Una diocesi in espansione, con gravi problemi pastorali, tra cui la costruzione di nuove chiese, ma così benvoluta dai papi che per il Giubileo Karol Wojtyla le concesse un’udienza fuori programma a notte fonda. «Noi fedeli- continua la lettera - speriamo vivamente che Sua Eccellenza non sia realmente convinto che l’assunzione di un siffatto impegno costituisca una condizione perché le suore possano permanere nella nostra Comunità e continuare così a collaborare con i sacerdoti ed i laici nella missione di evangelizzazione del territorio. Tanto più se si considera che gli attuali sacerdoti della parrocchia, interpellati da noi, hanno affermato di non aver richiesto tale servizio, preferendo la loro condizione attuale e la loro indipendenza». I toni pacati ma fermi della lettera, non sono però serviti a far tornare il vescovo sulle sue decisioni. E così, il 21 ottobre, le tre suore hanno dovuto abbandonare la parrocchia.

Molto dura è stata a questo punto la reazione dei parrocchiani di Aprilia. «Le suore sono state cacciate - hanno riferito all’agenzia cattolica Adista - E’ un’affermazione dura e scomoda, che infastidisce il vescovo Semeraro, ma noi sappiamo che è l’unica che descrive esattamente quanto è accaduto ed è inutile affannarsi a dire o ripetere meccanicamente, come fa il vicario foraneo, don Giuseppe Billi, che le suore hanno scelto di andarsene». Una protesta finora senza esito. «Nessuno in Curia sembra aver considerato che le suore rappresentano un punto di riferimento spirituale per la vita delle persone. La loro presenza è un completamento della testimonianza del Vangelo, che viene portata avanti in comunione da sacerdoti, religiose, laici nel pieno rispetto di quanto disposto nel Concilio Vaticano II - lamentano i fedeli in un comunicato - Abbiamo avuto di fronte una gerarchia ecclesiastica che riconosce un ruolo all’interno della comunità alle donne consacrate se queste prima passano per la casa del parroco e fanno le casalinghe; poi possono finalmente permettersi di scendere e prestare il loro servizio a favore del popolo di Cristo». E i parrocchiani difendono le suore.